Quando cercavo lavoro da dipendente avevo iniziato a iscrivermi su ogni genere di portale e motore di ricerca legato al mondo del lavoro, di cui ricevevo newsletter periodiche con le relative offerte. Quando poi
mi sono trasformata in libera professionista, mi sono ovviamente disiscritta, lasciando attiva solo la ricezione di offerte che hanno a che fare con la parola chiave “freelance” o “copywriter”.
Ricevo queste
newsletter con offerte di lavoro tutti i giorni, puntuali sempre alla stessa ora. Apro le mail, le scorro velocemente soffermandomi solo su quelle che sembrano effettivamente centrare con
il mio lavoro. La maggior parte di queste offerte riguarda assunzioni vere e proprie, a tempo determinato o indeterminato, oppure stage, ma comunque ricerca di personale da inserire in organico in sede.
Tra queste
offerte di lavoro ci sono a volte però anche
richieste di collaborazione da parte di agenzie di comunicazione (quelle che interessano a me) motivo per cui do sempre un’occhiata. L’altro giorno mi sono imbattuta in una richiesta in cui compariva in stampatello un categorico “
NO LAVORO DA REMOTO” o un “
NO FREELANCE” a caratteri cubitali.
Quando vedo queste postille molto ben in evidenza – e capita di trovarne abbastanza spesso – un po’ sorrido, un po’ mi arrabbio. Sorrido perché quel no categorico mi suona come un no schifato, manco i
freelance fossero degli zombie o dei mostri succhia-sangue. Subito dopo però mi arrabbio e mi domando “Che vi hanno fatto di male i freelance per suscitarvi tutto questo ribrezzo?”.
I freelance non sono dei mostri
Il mio non vuole essere un invito affinché le
web agencies si affidino solo ed esclusivamente a collaboratori esterni e non assumano più nessuno, anzi, ben venga se c’è la volontà e la possibilità di assumere nuovo personale!
Non tutte le agenzie hanno però le stesse esigenze (o le stesse dimensioni), per cui può capitare che tra le persone in organico non si riescano a coprire tutte le mansioni necessarie oppure arrivi una richiesta che prevede una competenza che nessuno nello staff possiede; oppure possono esserci periodi di grosso lavoro per cui serve delegare parte delle commesse a un collaboratore esterno, cioè un
freelance.
Con un freelance è possibile costruire un
rapporto di fiducia e di collaborazione, con
benefici per entrambi le parti: il
freelance sa che può contare sull’appoggio dell’agenzia per la fornitura di nuovo lavoro con clienti già acquisiti; l’agenzia sa che può contare su un collaboratore esterno disponibile, professionale e fidato (che gli permette anche di risparmiare qualche soldino rispetto alla necessità di assumere un nuovo dipendente).
Io stessa collaboro da anni e in modo continuativo,
da remoto, con diverse agenzie di comunicazione, in tutta Italia, con cui si è costruito un bel rapporto di fiducia e collaborazione. Il mio lavoro non si va a sovrapporre con quello delle persone in organico, ma diventa complementare al loro. Il fatto di
lavorare a distanza non è un problema: ci si interfaccia via mail, per telefono o via Skype, e insieme si portano a casa dei bei risultati con reciproca soddisfazione.
I freelance non sono dei fancazzisti
A volte, parlando con chi è fuori dal mio mondo lavorativo, mi sembra di percepire l’idea che per il fatto che io lavoro da casa senza dover sottostare a capi o orari specifici, io sia una che si alza tutti i giorni a mezzogiorno e passa il resto della giornata a grattarsi la pancia (mmh, se mai è il contrario).
Lavorare da casa – cosa che in Italia non è ancora una realtà così diffusa – viene percepita come
sinonimo di fancazzismo. Probabilmente le stesse persone che hanno questa idea sono le stesse che si ritrovano a opporsi categoricamente a una collaborazione con i freelance.
In realtà
un freelance deve dare il meglio di sé tutti i giorni per soddisfare il proprio cliente o l’agenzia con cui collabora, mostrandosi sempre professionale, solerte, disponibile e rispettando con scrupolo le scadenze (pena il venir meno della collaborazione… cosa che può avvenire da un momento all’altro senza preavvisi o penali).
In quanto al lavoro da gestire, beh, il freelance sa che non può permettersi di fare il fancazzista: deve portarsi a casa la pagnotta da solo (perché non c’è nessuno che fa il lavoro al suo posto) e ha un’incombenza che si chiama fatturazione e (soprattutto) tasse.
La diamo un po’ di fiducia in più a questi freelance? 😉