- ansia e depressione (aumentate del 70% tra i giovani negli ultimi 25 anni);
- cyberbullismo (sette giovani su dieci affermano di esserne stati vittima almeno una volta, il 37% afferma di essere preso di mira di frequente);
- insonnia (il 20% dei giovani confessa di svegliarsi durante la notte per controllare le notifiche);
- ossessione per la propria immagine e bassa autostima (fissate con la propria immagine, il 90% delle ragazze si dichiara insoddisfatta del proprio corpo).
La scena è piuttosto comune: sali sulla metropolitana, ti siedi e buttando l’occhio alle persone sedute di fronte a te, ti accorgi che 4 su 5, dai ragazzini agli anziani, se ne stanno con gli occhi incollati allo smartphone intenti a scorrere con il dito su e giù su Facebook. Siamo davvero tutti vittime della dipendenza da social media? C’è scampo?
Quella che viene definita come la dipendenza del nuovo millennio – la dipendenza da social media – sembra riguardare tutti, senza distinzione di età. Forse i più giovani preferiscono Instagram e i più adulti Facebook, ma il concetto, e soprattutto il meccanismo, è lo stesso: può scattare la dipendenza.
Al fenomeno stanno cominciano a farci caso in parecchi, a partire dalla Royal Society For Public Health, che ha lanciato il Scroll Free September, una campagna per sfidare le persone affinché non usino i 5 social network principali (Facebook, Instagram, Snapchat, Twitter e YouTube) per 30 giorni nel mese di settembre. Lo scopo è quello di sensibilizzare sugli effetti indesiderati che la dipendenza da social media sembra causare, ovvero: